Julián
Mentre sognavo sentii qualcuno che bussava alla portiera. Aprii gli occhi ed era Sandra che picchiava con le dita sul vetro. Mi maledissi per essermi addormentato, se lei non avesse visto la macchina... Ma era anche vero che dopo quel pisolino ero più lucido. Sandra aveva ripreso un po’ di colore, come se si stesse abituando a essere un’innamorata non corrisposta, e con addosso quegli stivaletti da trekking sembrava più alta. Entrammo nella gelateria e ci sedemmo al solito tavolo. Ormai avevamo la solita panchina, il solito tavolo. In mezzo a tanta incertezza, a tante ombre e sospetti, avevamo pian piano creato un piccolo ordine. Non sapevo dire se fosse per il suo stato o per quello che era successo, ma certo Sandra sembrava molto più matura della prima volta che l’avevo vista in spiaggia e nella sua casetta. Sembrava che su di lei fossero passati alla velocità della luce cinque, forse dieci anni.
«Domani probabilmente ci daranno i risultati delle analisi. Complimenti, Sandra, sei molto coraggiosa, però non voglio che continui a esserlo. Qualcuno si è accorto della storia delle siringhe usate?»
Fece segno di no con la testa, ma non aveva ancora imparato a mentire del tutto: i suoi occhi tra il verde e il marrone leggermente inclinati verso il basso, che ad altri non sarebbero piaciuti ma che io adoravo, scintillavano come quando si tenta di far credere un’altra cosa.
«Frida può essersene accorta?» Non lasciai che rispondesse. «Frida è un’arma letale. Ho fatto delle ricerche su di lei. Si chiama Frida... Be’, meglio che tu non sappia come si chiama, potresti lasciartelo sfuggire. Abita con dei ragazzi in una casa di campagna che probabilmente appartiene alla Confraternita. Due di loro, Martín e il tuo amore, sono gli scagnozzi di questa banda di mummie, verso le quali provano una grande devozione. Come ricompensa le mummie li mantengono molto bene. Sicuramente sono tutti titolari di un bel conto in banca in qualche paradiso fiscale, e nel frattempo appartengono a un gruppo dotato di un’ideologia, di armi, di una religione propria e di un passato, il che li fa sentire speciali. Ho spiato Frida, l’ho seguita: è fredda, priva di scrupoli, e farà qualunque cosa le ordinino, perché per lei l’unica legge che esiste è quella del gruppo e tutto ciò che è al di fuori del gruppo è irreale. Non so se mi capisci.»
In realtà non avevo mai visto Frida uccidere qualcuno, ma me la immaginavo perfettamente mentre eliminava Elfe o chiunque le indicassero i suoi capi. Chi era il suo capo diretto? Heim, Sebastian, Otto, Alice? Era improbabile comunque che riconoscesse l’autorità di uno straniero come Fredrik Christensen.
Sandra annuì e disse qualcosa che impiegai qualche minuto a interpretare. Volevano a tutti i costi che entrasse a far parte della Confraternita, il che significava che Fred e Karin capivano che stava vedendo troppo e sentivano il bisogno di coinvolgerla di più: probabilmente ritenevano che, visto che sapeva già tanto, la cosa migliore fosse farla entrare nel gruppo. In caso contrario, poteva darsi che Otto e Alice ordinassero di eliminarla, e a Frida non sarebbe dispiaciuto per niente, visto che Sandra non era stata costretta a sottoporsi alle prove che aveva dovuto superare lei, né a fare le pulizie per quanto fosse una persona di fiducia, né a condurre una vita quasi monastica per entrare nella Confraternita. Sicuramente era gelosissima di Sandra e aveva voglia di ucciderla, o almeno di darle una bella lezione.
«La verità», disse Sandra, «è che non so se se ne sia accorta o meno, non si sa mai cos’abbia in mente.»
«Il mio consiglio è che tu te ne vada oggi stesso a Madrid, a casa di un amico, dove non ti possano trovare. Hai parlato di Santi con loro?»
Annuì.
«Vattene in periferia, dove è impossibile che ti trovino.»
«Non voglio fuggire», disse. «Non voglio avere la sensazione di averli sempre alle calcagna. Aspetterò un altro po’. Magari con qualche prova in più la polizia potrà intervenire e fare qualcosa. Perché non volevi che venissi in albergo?»
«Perché non sappiamo se ci controllano, e non è bene che mi associno a te. Potrebbero arrivare a capire chi sono e per te sarebbe la fine. Lasciami i messaggi sotto la pietra, io farò lo stesso.»
«Devo dirti una cosa», fece Sandra, completamente abbattuta. «Ieri ho portato qui Karin. Non è scesa dalla macchina, le ho detto che dovevo fermarmi a fare pipì. È successo dopo la storia dei gioielli. Stavamo tornando a casa, ma poi ho pensato che forse mi avevi lasciato un messaggio... e pensa, me lo avevi proprio lasciato, sotto una pietra. Che razza di coincidenza!»
«Che gioielli?»
Da quel che mi raccontò, capii che Sandra era nei guai fino al collo. Assisteva ai traffici di Karin e Alice, siringhe in cambio di gioielli rubati agli ebrei. Karin stava ancora comprando altra vita con la vita di quelli che aveva contribuito a uccidere o aveva ucciso lei stessa. Non feci commenti. Mi descrisse la scena di Karin e Alice, con lei e Frida che si erano messe in mezzo. Le dissi che sicuramente continuavano a considerare Fred un nazista di secondo piano, per questo non aveva accesso diretto all’acquisto del farmaco. Poteva anche essere che Otto e Alice ne avessero il monopolio. Si diceva che Karin, nella sua splendida e crudele giovinezza, fosse entrata nelle grazie del Führer, che avesse fatto in modo di arrivare fino a lui. Prima era riuscita a far sì che suo marito attirasse la sua attenzione rendendosi meritevole della croce d’oro, poi i fatti sembravano dimostrare che attraverso di lui Karin avesse avuto una qualche relazione con Hitler e avesse dovuto intercedere per Otto in un momento delicato delle loro vite. Karin poteva anche avere un certo ascendente morale su Alice, ma Alice aveva tutto, aveva l’elisir dell’eterna giovinezza.
Dove prendevano quel liquido? Da un laboratorio della zona oppure lo ordinavano altrove? Pedinando Otto non avevo mai visto niente di strano, ma sicuramente era perché non sapevo di dover cercare qualcosa.